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Il personale ed il politico - pag. 4 PDF Stampa E-mail
Editoriali e dibattiti - Dibattito redazionale
Venerdì 01 Gennaio 2010 00:00
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Il personale ed il politico
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Aldo … delle giuste osservazioni di Adriana sulla sottovalutazione della sinistra circa i problemi del corrente maschilismo e sulla dimenticanza di molte donne, o peggio sulla loro identificazione con i meccanismi tradizionalmente maschili del potere, bisognerebbe ragionare molto:  mi pare che ci sia al fondo una sindrome, un concorso di fattori diversi: cambio generazionale, propensione del tutto cattolica (o meglio cristiana) verso il complesso di colpa,  corsi e ricorsi storici ? Varrebbe la pena di pensarci meglio.
Comunque al ragionamento di Adriana io aggiungerei una riflessione sul fenomeno della smemoratezza come base del pentitismo che qui riporto.
C’è un gioco strano della memoria. Non coinvolge le singole persone ma un’intera generazione. Ho sempre notato come negli studi sul ’68, e sui movimenti sociali che in un modo o nell’altro sono nati nella sua scia, non vi sia quasi traccia della narrazione del mondo che li ha preceduti, quasi la memoria si fosse fissata su quegli avvenimenti così dirompenti da lasciare completamente in ombra la situazione che li ha generati. Alla lunga le ribellioni sequenziali degli anni ’60 e ’70 (e persino ’80) possono apparire senza spiegazione. Nulla più sull’autoritarismo della chiesa, sulla disciplina esacerbante delle istituzioni, sull’infelicità della vita coniugale, sulle umiliazioni quotidiane inflitte alle donne, sul lascito fascista nella scuola, nell’esercito, nella polizia. Nulla più sugli aborti clandestini, sull’indice dei libri proibiti, sul caporalato, sulla vita da schiavi nelle fabbriche, sui manicomi, sull’asfissiante conformismo, sull’ipocrisia del mondo provinciale, sulla repressione sessuale, sulla censura nel cinema e nella stampa (Qualche frammento di memoria? Una bambina di forse 12 anni cacciata pubblicamente dalla chiesa, dal prete, mentre celebrava messa, perché aveva le gonne un po’corte; un compagno di scuola suicida per un brutto voto; una richiesta al vescovo per poter leggere un libro di filosofia; la faccia delle armi e le parole scomposte di una pattuglia della polizia della strada in agguato dietro a una curva). Le ribellioni di quegli anni si sono nutrite delle cause che le hanno generate sino alla loro completa consumazione. Ritengo che con questa gigantesca opera di rimozione (si badi: sui motivi delle ribellioni non sulle stesse)  la generazione cui appartengo abbia pagato e stia pagando ancor oggi un conto assai salato (Per esempio l’impressionante ignoranza della storia di quegli anni da parte di molti delle nuove generazioni, la latitanza di tante ragazze giovani nella lotta per la difesa dei loro diritti, il distacco di troppi operai da ogni valore di solidarietà). 
Una voce di questo conto è quella del pentitismo. Un vasto fenomeno quello del pentitismo,  poco sondato e del quale si scorge solo qualche volgare punta di iceberg. Quante persone da  fresche opinioni progressiste sono passate a un pensiero e a un comportamento egoista e laido? Non il pentitismo dei brigatisti (spesso dimesso e silenzioso; forse hanno pagato per tutti noi) ma quello di molti che non solo si sono ravveduti delle avventatezze di quegli anni ma hanno abbracciato i valori e le parole d’ordine della parte politica e culturale avversa (questo governo ne è pieno) dimenticandosi, così è lecito pensare, di tutte le ragioni che un tempo li avevano portati a ribellarsi contro quella società che ora abbracciano con tanta tenerezza. Si deve pensare, se non si ha perso cinicamente ogni rispetto dell’essere umano, che chi ha cambiato così radicalmente idea deve aver attraversato un travaglio interiore, forse lungo, forse doloroso, certamente degno di rispetto. Tuttavia,  (proprio per questo) non si comprende come chi, dopo lunga meditazione, è arrivato alle conclusioni di aver commesso in vita sua così immani, così mostruosi errori, possa dimostrarsi così sicuro adesso di non commetterne altri di opposta natura. E non si capisce come mai chi ha tanto sbagliato, avanzi pretese di discorso assolutamente opposte a quelle di un tempo, con immutata arroganza, e urli e boccheggi con la medesima veemenza e rabbia nel corpo. Basterebbe un tono più dimesso a rendere più credibile la loro mutazione interiore.
Nel Doctor Faustus, Thomas Mann spiega la sua concezione dell’inferno:

- Per dirla in breve la sua natura, o se preferisci, la sua qualità più spiccata consiste nel concedere ai suoi inquilini soltanto la scelta tra il gelo estremo e un calore che potrebbe fondere il granito. Fra questi due estremi essi si dibattono ululando, poiché nell’uno l’altro sembra continuamente un ristoro divino, ma diventa subito, e nel più infernale significato della parola, insopportabile. Trattandosi di estremi la cosa dovrebbe piacerti...-

C’è qualche cosa di infernale in un certo modo di pentirsi.

Laura: Aldo approfondisce molto bene e in modo struggente il tema della rimozione della memoria mettendo il dito sulla piaga. Ciò è avvenuto da parte di molti, ma in modo particolare da parte delle donne, che, a tutti livelli, si sono lentamente adeguante, ritornando nei ranghi, cancellando  oppure svuotando o lasciando svuotare le conquiste sociali e culturali che si erano ottenute a caro prezzo. Le loro figlie sono ora in molti casi aspiranti veline, oppure ben poco sanno di quanto sia costata la presa di coscienza, anche solo marginale, in molti casi, delle donne. Mi inquieta molto la storica Anna Bravo, ad esempio, un tempo in prima fila nelle rivendicazioni femministe, la quale si straccia le vesti sulla questione  dell'aborto, dimenticando che il problema non è tanto l'aborto, che nessuna legge ha sancito come metodo contraccettivo, bensì , come è noto, il superamento di una condizione di illegalità che fino agli anni '70 condannava le donne, le più povere, a morire per opera delle mammane. C'è qualcosa di sconcio in questo stracciarsi le vesti. Sappiamo che la psicologia del rinnegato lo porta a sposare totalmente la logica del padrone a cui intende rivolgersi, se non votarsi...  Perché non affrontare in over-left proprio questo problema, che ritengo cruciale, della rimozione della memoria, rispolverando posizioni teoriche, dando spazio anche al pù recente pensiero delle donne (che già Adriana sta facendo molto bene) e persino tornando a film che documentavano la vita della nostra società prima che il '68 ne scardinasse i fondamenti (penso, per fare un  esempio che mi viene spontaneo, a La vacanza di un Tinto Brass ben diverso dall'attuale porno soft, ma ce ne sono tantissimi). Indicare certi titoli sarebbe un modo per ricondurre su binari più reali e corretti la riflessione sul '68/'70 con uno strumento più facilmente divulgativo  che costituirebbe un apporto parallelo alle trattazioni teoriche.

Adriana: Vi ricordate il putiferio che suscitò l'intervista di Anna Bravo? Risposte su tutti i giornali, interviste, dichiarazioni di dissociazioni da un interpretazione del genere....? Mi pare che non passò sotto silenzio, a proposito di memoria non possiamo trascurare tutte quelle che hanno risposto.

Laura : Grazie al cielo c'è stata una reazione. Ma è proprio  il personaggio Anna Bravo che mi inquieta, anche perché la conoscevo personalmente. Pare l'emblema di questo volgere le spalle a quanto di buono è stato conquistato.



 

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