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Quando la Public Archaeology diviene una lezione di antifascismo PDF Stampa E-mail
Lunedì 10 Giugno 2024 16:44

L’invito dello storico Sergio Fontegher Bologna a richiamare alla memoria le criminali campagne di guerra di Mussolini per rinnovare il senso della Resistenza e dell’antifascismo dei nostri giorni, lo raccogliamo con queste sue riflessioni. Con l’avvertenza che il suo è un documento che sfiora soltanto la grande Storia e s’inserisce nel noto filone della Public History, per la precisione nel filone della Public Archaeology. [per aprire i video copiate e incollate i link indicati nel vs. browser].

di Sergio Fontegher Bologna

Più? o meno tutti sappiamo cos’é? la Public History, non so quanti di noi conoscono la Public Archaeology, io per esempio l’ho scoperta in questi giorni per caso navigando su Youtube. Ne parlo perché? si collega a quel mio discorso sulla memoria delle criminali campagne di guerra di Mussolini, che, a mio avviso, andrebbero riportate alla memoria ogni volta che si celebra la Resistenza.

Cominciate a guardare questo video https://www.youtube.com/watch?v=GN2pSF7dK2o e scoprirete che le campagne di scavi archeologici, oltre che dal CNR e chissà da quali altri enti scientifici e accademici, sono finanziate anche da associazioni d’arma tipo i Paracadutisti e i Reduci della Folgore. I quali hanno trovato sia quattrini che centinaia di volontari per una campagna di scavi nell’immenso teatro di guerra, in territorio egiziano, dove si svolse la battaglia di El Alamein nel 1942. Con la collaborazione scientifica e l’assistenza tecnica dell’Università di Padova e in particolare del prof. Aldino Bondesan, che mi risulta essere associato di Geografia Fisica e Geomorfologia presso quella che fu anche la mia Università e anche di Toni Negri, Luciano Ferrari Bravo, Mario Isnenghi e di tante/i altre/i. Ma non e? questa la ragione per cui ho aperto quel video. La campagna del Nordafrica e? quella dove ho perso un parente, lo zio Giorgio, fratello di mia madre, arruolato nei carristi, caduto il 9 maggio 1943 e i cui resti riposano nell’Ossario dei caduti d’Oltremare di Bari.

Teoricamente avrebbe dovuto essere anche lui a El Alamein, ma non so quando fu arruolato. Andiamo avanti. La campagna archeologica consiste nello scavare buchi nella sabbia per scoprire i buchi precedenti. La linea di difesa italiana era lunghissima e consisteva in migliaia di postazioni, costituite sia da trincee con camminamenti protetti da sacchi di sabbia, sia postazioni di tre/quattro soldati con mitragliatrice, sia postazioni singole. Tutti ficcati dentro le buche.

Perché? questa campagna di scavi è partita in tempi recenti? Perché l’Egitto di Al Sisi vuole costruire sul sito una new town da 2 milioni di abitanti e occorreva salvare il salvabile.
Nella galleria del patriottismo italico gli episodi della seconda guerra mondiale che vengono più evocati sono la ritirata di Russia e la campagna del Nordafrica. Ma mentre la Russia evoca una catastrofe, la campagna di Egitto-Libia-Tunisia è esaltata per la valorosità delle truppe italiane, che ebbero in certi casi l’onore delle armi da parte del nemico. Quindi quella campagna è un topos del reducismo, del militarismo nostalgico, superiore di gran lunga alla leggenda della X Mas, che è troppo connotata politicamente. La campagna d’Africa è guerra di popolo, è l’Italiano che sa combattere, l’Italiano guerriero. Siamo noi.

Se si guarda il secondo video https://www.youtube.com/watch?v=opW-tyIX2VM (su logistica militare) la narrazione che esce da questa operazione di Public Archaeology è tutt’altro che celebrativa, anzi, gli scavi hanno permesso di mettere in luce visivamente l’agghiaccinate impreparazione militare italiana, negli equipaggiamenti, nelle dotazioni d’arma, nei mezzi mobili, in presenza oltretutto di una sempre piu? schiacciante superiorità nemica nell’aria e sul mare, che tagliava i rifornimenti fino a bloccarli del tutto.

E qui c’è quella storia dei contenitori del carburante che merita da sola la visione del video.
La benzina gli italiani la ricevevano in bidoni da 2 quintali, che a spostarli ci voleva il doppio di uomini, i britannici avevano delle lattine leggere ma fragili, i tedeschi avevano fabbricato delle meravigliose taniche facili da trasportare e resistentissime, di cui regalarono generosamente qualche migliaio agli italiani, costretti a questo punto a sottrarre forze dal fronte per travasare il carburante dai bidoni alle taniche. Le bombe Molotov erano l’arma italiana più efficace, oltre alle mine magnetiche che dei poveracci acquattati in una buca ricoperta di frasche dovevano appiccicare al fondo del carro armato nemico mentre questo passava sulla loro testa. Eroismo, coraggio, sangue freddo, certo, ma come non trovare grottesca la situazione. Un grottesco che raggiunse il culmine quando a rinforzo degli italiani arrivò Rommel. Il quale era fissato con la guerra di movimento, divenuto una leggenda per le sue rapide fulminee avanzate e per le sue altrettanto rapide ritirate strategiche, ossessionato dal Blitzkrieg quanto certi spedizionieri di oggi sono ossessionati dal just-in-time. Lui che si muoveva avanti e indietro su dei mezzi mobili, come avesse il verme solitario e i soldati italiani a stargli dietro a piedi, arrancando con scarponi bucati e fagotti inservibili. Un’immagine di cui puoi dire proprio: non so se ridere o piangere!
Come si può costruire una narrazione epica e celebrativa di un simile miserabile spettacolo?
E’ quello che continua a stupirmi dei miei connazionali, come si può inghiottire merda e leccarsi i baffi....? Poi mi si para davanti l’immagine di Mussolini che dal balcone annuncia la guerra e c’è quell’urlo della folla che ti gela il sangue e penso che mio padre avra? esultato anche lui in ascolto alla radio. Allora mi coglie lo sconforto e capisco perché si trovano soldi e volontari per scavar buche in cerca di altre buche e non si trovano per insegnanti di sostegno.
Allora cerco d’immaginarmi come sarà la nuova El Alamein da due milioni di abitanti, faranno un Museo coi pochi reperti, un paio di pezzi arrugginiti, qualche sacco sabbia rimaso intatto? Ci sarà alla periferia della città un immenso parco archeologico a cielo aperto? E i turisti potranno infilarsi nelle buche o ci saranno dei cordoni rossi attorno per impedirglielo?
E poi la Public Archaeology organizzerà ogni anno dei re-enactment della battaglia di El Alamein, dove divise e equipaggiamenti saranno ricostruite filologicamente? Anche con le taniche identiche a quelle originali? E per assistere allo spettacolo i tour operator organizzeranno voli low cost dalle navi di crociera ormeggiate lungo la costa?
E chissà quanti ragazzi usciranno da Padova con laurea in geomorfologia della guerra d’Africa o in urbanistica di El Alamein, la new town affacciata sul deserto! Faranno gli stagisti presso l’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia (ANPd’I).

 

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