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Home T. Hunt, La vita rivoluzionaria di F. Engels
Miss Marx PDF Stampa E-mail
Sabato 17 Aprile 2021 06:25

di Franco Romanò

Raramente ci s’imbatte in un film che cattura l’attenzione dello spettatore prima ancora che esso cominci, cioè quando scorrono i titoli iniziali. L’impatto assai forte, oltre che dalla grafica, è dato dalla colonna sonora che può risultare spiazzante, almeno come prima sensazione; ci si renderà poi conto di quanto sia importante – invece – la scelta musicale compiuta dalla regista Susanna Nicchiarelli nell’economia della pellicola. Sarà proprio la musica a scandire alcuni momenti decisivi del film, insieme a una scelta registica di tipo ellittico, che focalizza la narrazione sui punti chiave. Questo potrà suscitare qualche incomprensione in chi non conosce la storia o la conosce poco, ma l’opera ne risente positivamente. Quando cessa il sonoro e si passa all’immagine, abbiamo un primo piano molto intenso di Eleonor Marx, che sfuma in piano medio: siamo in un cimitero e proprio il giorno della sepoltura di Karl. Ci sono tutti i compagni e le compagne di una famiglia allargata e di fronte a loro Eleonor legge il frammento di una lettera di Karl a Jenny von Westfahlen.

Nella casa in cui vivono o girano un po’ tutti e prima di ogni altro Engels ed Helene Demuth, vive anche il nipote, il figlio preadolescente di Jenny Marx, morta poco prima del padre. Il ragazzino viene continuamente lasciato da qualche parte perché la zia Eleonor deve partire per tenere le redini del movimento comunista: comizi, convegni, tutto quello che è necessario fare, ma su cui Nicchiarelli non si sofferma più di tanto, se non in alcuni passaggi chiave. Sono tre: una prima fase in cui Eleonor appare come la semplice continuatrice dell’opera di suo padre e le altre due, l’ultima in particolare, in cui la teoria si colora d’immagini e proposizioni che sono sue. Questo l’andamento della vicenda da un punto di vista politico. Tuttavia è solo una parte del film, perché parallelamente a queste vicende scorre la vita personale di Eleonor, che si lega a Edward Aveling, un discreto commediografo capace solo di dilapidare patrimoni e di nascondere dietro la cortina fumogena del libero amore e dell’adesione al socialismo la sua irresponsabilità sentimentale. Eleonor, pur acquisendo sempre più la consapevolezza che si tratta di una relazione malsana, non riesce a liberarsi del suo sogno d’amore, finché non decide di togliersi la vita. Il film evita del tutto di occuparsi dei sospetti intorno a quel suicidio e delle conseguenze del gesto e cioè del teatrino che lo precede e lo segue.1 L’importanza del film sta in altro e la potenza delle scene finali, in cui ancora una volta è la colonna sonora a recitare un ruolo di primo piano, permette alla regista di proiettare nel futuro Eleonor Marx, un futuro nel quale le parole del padre, che sono state le sue e solo quelle per lungo tempo, ne alimentano altre che sono soltanto sue. Noi che osserviamo, abbiamo una frase che viene a fior di labbra più volte, uno slogan: il personale è politico e questo va oltre la difficoltà di Eleonor nel rompere la relazione con Edward. Poteva dirlo storicamente? No, poteva solo vivere tutte le tappe che l’avrebbero portata - seppure tragicamente - a intuire il problema della subordinazione della donna anche nell’ambito socialista. Non condivido perciò le critiche che vedono nel film un eccessivo sbilanciamento sulla vita sentimentale di Eleonor, fra l’altro definita in qualche recensione matrimoniale pur mancando qualsiasi matrimonio (anzi, a dire il vero ce ne sono troppi) – a scapito della vicenda politica. Fra le due storie che scorrono parallele vi è invece una simmetria, ma anche una relativa autonomia. Non corrono alla stessa velocità e dunque possono essere viste e considerate separatamente senza cercare intrecci che raramente ci sono, tranne in un caso: la sofferenza che Eleonor avverte costantemente rispetto al nipote, di cui ha voluto farsi carico, ma cui non riesce poi a dedicare tutto il tempo che vorrebbe.

 

LA MILITANTE COMUNISTA 2

Sono tre i momenti salienti che Nicchiarelli filma. Nel primo, Eleonor, in primissimo piano, si rivolge al pubblico, cioè a noi che vediamo il film, come se tenesse un comizio e ripete con una grande capacità di sintesi e chiarezza alcuni concetti chiave di Marx. Il secondo momento si compone di due parti. La prima, quando di fronte a uno sciopero operaio negli Stati Uniti, dove si è recata insieme ad Aveling, non si limita alla solidarietà, ma s’immerge nei quartieri più degradati della città: è un viaggio e una presa di coscienza delle condizioni reali in cui vive il proletariato industriale che la lascia sgomenta. Nella seconda parte, quella più drammatica, quando in visita  a una fabbrica è costretta a fare i conti con le contraddizioni interne al movimento operaio, ma anche alla classe operaia medesima. Come il padre lei combatte il lavoro minorile e sottolinea l’importanza della legge appena strappata che lo abolisce; ma il lavoro dei figli è necessario per molte famiglie per arrivare a sbarcare il lunario. Nella terza Eleonor tiene un comizio. Si capisce che il consenso nei confronti del movimento socialista è cresciuto, al comizio assistono anche molte donne dai volti severi ed efficacissimi. Eleonor tocca tutti i punti salienti della lotta operaia ma lo sguardo è rivolto alle donne, alle loro lotte e contiene anche giudizi taglienti e assai più vicini a noi che non ai tempi in cui sono stati pronunciati: “Le donne sono vittime della tirannia degli uomini, ma nella società socialista la donna non sarà più schiava dell’uomo”. Quando la macchina da presa, sapientemente, passa dalla piazza piena di volti femminili, al palco, Eleonor è circondata da un gruppo di uomini piuttosto allarmati, ma anche dall’aspetto di corvi che la sorvegliano, aldilà dell’applauso formale con cui accolgono la fine del comizio. In esso, oltre ai punti già detti, arriva a dire che sarà la futura società socialista a stabilire se sarà meglio adottare la poligamia o come lei preferisce la monogamia nelle relazioni fra uomo e donna. Lei è stata educata nel libero amore e lei stessa ha compiuto scelte coraggiose peraltro condivise dal suo ambito di famiglia allargata. Quando, con una certa enfasi, annuncia a Engels e a Helene Demuth che intende vivere con Edward sebbene lui sia già sposato, i due la osservano con tenerezza e condiscendenza “Guarda noi due” afferma Helene, come a dire che quello era il clima in cui era cresciuta e che sotto quell’aspetto l’emancipazione era garantita anche alle donne e nessuno si stupiva della sua scelta. Se Karl fosse stato ancora in vita sarebbe stata la medesima cosa? Fare illazioni non è il caso, però due frasi Eleonor se le lascia sfuggire di bocca: “Adesso sono io che voglio vivere”; e poi: “Quel padre che voleva tutto per me tranne la mia libertà”. Tuttavia, è pure lecito domandarsi se quell’adesione al libero amore fosse in lei senza residui o contraddizioni.

LA DONNA

Eleonor la sua libertà se l’è presa subito dopo la morte dell’ingombrante genitore e questo vuol dire pure qualcosa, ma Nicchiarelli non calca la mano perché gli squarci di vita intima della famiglia allargata che la regista documenta, ci offrono un’immagine piacevole, democratica, serena. Nella scena finale, proprio l’ultima del film, un flashback in cui Eleonor è ancora adolescente, è lei a organizzare un gioco probabilmente in occasione del natale cristiano in cui tutti i presenti sono invitati a dire quale parola li rappresenti di più. Quando mai in una famiglia borghese di quei tempi un’adolescente aveva questo dimestichezza con i genitori? Se pensiamo poi all’ambiente vittoriano! Sembra una scena da anni ’70 ma la documentazione storica dà ragione a Nicchiarelli e non c’è alcuna forzatura.3

PER CONCLUDERE

 

 

La colonna sonora corre su un doppio registro: da un lato una raccolta di brani del repertorio punk rock, dall’altra un arrangiamento particolare di grandi composizioni classiche coeve agli eventi. Queste ultime s’impongono con lentezza all’ascolto dello spettatore, sono un sommesso accompagnamento di cui non ci si accorge subito, ma che passo dopo passo s’impone: e c’è spazio, nel finale, anche per un breve passaggio con una versione assai suggestiva dell’Internazionale. La storia, quella politica, ha il suo sottofondo d’epoca, modernizzato sì, ma che arriva puntuale, disegnando anche un gusto che era probabilmente anche il loro, sebbene in tutti gli scampoli di amabili conversazioni famigliari è la letteratura tenere banco: Shakespeare e un divertente dialogo intorno a Shelley e Byron. Eleonor tutto questo lo porterà in scena anche come attrice: memorabile, a questo proposito, una rappresentazione che si colloca proprio a metà del film ed è una metafora della sua vita sentimentale. Il finale pensato da Nicchiarelli è un suggello rigoroso e coerente dell’intera pellicola. Eleonor adolescente chiede a ognuno della famiglia radunata intorno a lei quale parola rappresenti per loro la felicità. Karl, povero di fantasia nell’occasione, risponde la lotta. Lei, solare e sorridente, risponde la verità: quella che il padre non aveva avuto il coraggio di dirle e cioè che il giovane uomo, più o meno coetaneo, che ogni tanto girava per la casa, era suo fratello e non il figlio di Engels.

 


1 Edward Aveling, dopo il suicidio, fu allontanato dal movimento socialista e questo diede adito a campagne da parte della stampa anti socialista che arrivò ad accusarlo di avere ucciso materialmente Eleonor. Aveling non era amato negli ambienti socialisti anche prima, pur avendo avuto un ruolo di primo piano nel movimento operaio britannico. Pur nel rispetto delle scelte sentimentali di Eleonor, Aveling fu sempre accolto con disagio e, ritenuto moralmente responsabile del suicidio di lei, fu allontanato; non c’era bisogno di altri sospetti per farlo. Morì quattro mesi dopo Eleonor: gravemente ammalato lo era veramente ma tutto nella sua biografia fa pensare a un uomo buono a nulla se non a imbrogliare e incapace di badare a se stesso senza Eleonor.

2 Eleonor Marx non fu solo una militante ma un intellettuale a tutto campo: fu lei a tradurre per la prima volta Madame Bovary in inglese, praticò il giornalismo, spaziando dai saggi sul socialismo e alle recensioni teatrali.

3La regista, nell’intervista rilasciata a Venezia, si è soffermata a lungo sulle sue ricerche d’archivio, che comprendono un po’di tutto, fra cui le lettere che si scambiavano le figlie fra loro e con i genitori. Nell’archivio c’è anche la testimonianza di quel gioco di cui vi è traccia in alcune scene del film e in particolare nella scena finale. Nicchiarelli ha vagliato un materiale enorme selezionandolo molto, ma rispettando la documentazione in modo rigoroso quando decideva di darne conto nel film. Anche le altre fonti facilmente reperibili, però parlano tutte di un’infanzia felice. Picnic a Hampstead  Heath, recite di famiglia su Shakespeare. Una vita molto diversa rispetto a quella della prima figlia Jenny, del figlio che Marx ebbe da Helene Demuth e di Laura Marx, che avevano vissuto in estrema povertà fino al momento in cui Engels, abbandonata la sua famiglia, aveva messo a disposizione le sue risorse per l’intero gruppo.

 

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