E il lavoro? Micro-proletari di tutto il mondo al servizio dell'Intelligenza Artificiale Stampa
Venerdì 05 Aprile 2024 14:27

Ma dov'è il lavoro? Qualcuno bara o facciamo fatica a capire? Un po' l'una e un po' l'altra cosa. C'è un milione di microlavoratori sparsi nel mondo che lavorano per l'Intelligenza Artificiale. Addetti a minilavori per microsalari. Per minivite. Claudio Canal da esperto qual è ci introduce col suo vivace linguaggio dentro una realtà che ci circonda e rischia di soffocarci. Rilanciamo il suo articolo dalla rivista on line Volerelaluna.

"Clic senza frontiere: cosa c’e? alla base dell’intelligenza artificiale"

di Claudio Canal

Mi scuso con chi legge questo articolo perche? era mia intenzione aprire alla grande con una congrua citazione marxiana dai Grundrisse, quella che si avvia con: «Der Krieg ist daher eine...». Poi ho assistito in TV a una pensosa trasmissione condotta dal noto filosofo con nome primaverile, Fiorello, e ho cambiato idea. Il pensatore ha introdotto la categoria post-postmoderna di Ignoranza Artificiale. A questo punto ho meditato. Grande LLM di GPR-3! Grandissimo PaLM-2 che e? addestrato da 340 miliardi di parametri! GrandiosoGPT-4 addestrato da un triliardo di parametri! Insomma, una meditazione cabalistica la mia, che decanta le stupefacenze dell’Intelligenza Artificiale (IA) e che avrebbe potuto anche stramazzare nella acerba e sconsolata recriminazione delle sue nefandezze: il degrado del lavoro, il mantra della sicurezza, l’ambigua affidabilita?, le decisioni automatiche, i robot pigliatutto, il controllo panottico, la privacy sfasciata, le guerre dei monopoli tecnologici...

Proletario ignoto

Posso essere annichilito o eccitato dal vigente culto dell’IA, predicare Redenzione o Apocalisse, ma non riesco a sottrarmi all’Ignoranza Artificiale di cui disquisisce Fiorello il metafisico. Si tratta di quell’ignoranza applicata per cui vediamo i tipi che ci sfrecciano davanti in bicicletta con gerla colorata in spalle (cabassa, in piemontese) ma non li guardiamo per cio? che sono: proletariato al posto di lavoro, in sella a una bici.

Prendiamo un’azienda australiana, Appen Ltd, che ha come clienti Microsoft, Apple, Meta, Amazon, e Google fino a qualche giorno fa, sedi sparse in 170 paesi, Italia compresa,
e piu? di un milione di... lavorator*? consulenti? intermediatori? hobbisti? freelance? nerd planetari?

Tutta questa gente non e? stipata in capannoni industriali, ma sta a casa o dove gli pare, a fare cosa? Lo spiega, senza cercare chissa? dove, la voce di Wikipedia, autogenerata daAppen: “Affinche? le macchine dimostrino l’intelligenza artificiale, devono essere programmate con dati di addestramento di fattura umana che le aiutino ad apprendere. Appen utilizza il crowdsourcing per raccogliere e migliorare i dati e ha accesso a un team qualificato di oltre un milione di lavoratori part- time che raccolgono, annotano, valutano, etichettano, testano, traducono e trascrivono dati vocali, immagini, testo e video per trasformarli in dati di training di machine learning efficaci per una gran varieta? di scopi”.

Nonostante la traduzione un po’ sgangherata si capisce che c’e? bisogno di qualcuno che imbocchi l’algoritmo con l’omogeneizzato giusto. Ma l’algoritmo e? famelico, richiede milioni di cucchiaiate. Se deve distinguere un neonato addormentato da un gatto, un cuscino, un pacco o qualsiasi altra seppur vaga somiglianza, gli tocca passare in rassegna una enormita? di immagini in cui il neonato c’e? o non c’e?. Qualcuno le deve etichettare queste immagini: non sono gli ingegneri informatici a farlo ne? i linguisti computazionali, bensi? lavorator* del clic-clickworkers portatori sani di Intelligenza Umana, che ottengono pochi spiccioli di remunerazione, attivita? a singhiozzo, tutele zero, un lavoro fatiscente. Sparsi e sparse per il pianeta, prevalentemente a Sud, ma non solo. Proletariato occultato di cui noi vantiamo una profonda Ignoranza Artificiale.

 

Se poi l’algoritmo deve distinguere tra marocchino in quanto cittadino del Marocco e marocchino in quanto bevanda miscela di caffe?, cacao e latte, gli deve essere data in pasto una overdose di testi che qualche umano classifica e formatta stando attento a scartare la diffusa sentenza: marocchino di mrd. L’algoritmo cosi? svezzato deve ringraziare il milione di formichine operaie umane che gli hanno fatto digerire la differenza fra i due marocchini. Se poi si tratta di immagini, la machine, l’algoritmo deve saper riconoscere non solo il neonato gia? evocato o un semaforo (giallo, verde, rosso, spento) o qualsiasi altra cosa, ma anche scene di violenza, stupro, pedofilia, razzismo... per filtrarle ed escluderle una ad una. Puo? farlo solo se qualche omino, m. e f., dopo averle accuratamente visionate frenando i conati di vomito, gliel’ha additate e ostentate. Aziende specializzate gestiscono questo addestramento dell’IA. Una sta in California e delocalizzava in Kenia il lavoro sporco per rimborsi miserabili e garantite de?ba?cle psicologiche. Finche? gli Umani Intelligenti di Nairobi si sono incazzati.

Gratta gratta alla base dell’IA c’e? una estesa e capillare IU- Intelligenza Umana di cui quella artificiale non riproduce gli abissi di complessita?, ma si accontenta, si fa per dire, di un gigantesco calcolo delle probabilita?. Mai in passato la statistica era stata la base e il motore di una innovazione tecnologica cosi? decisiva. L’idea che per ottenere IA fosse necessario copiare e riprodurre il funzionamento del cervello umano e il relativo linguaggio sapiens e? morta solo tre decenni fa. Piu? l’algoritmo si rimpinza di testi, immagini, suoni, e piu? li potra? ricombinare autonomamente. E? il deep learning, il pozzo senza fondo. Da qui la travolgente corsa all’oro dei dati. Un redivivo Pelizza da Volpedo non saprebbe dove trovare i modelli per un suo Quarto (o Quinto) Stato. Neanch’io. Sono milioni, invisibili e invisibilizzat*. La forza lavoro piu? astratta di tutti i tempi. Nella sua concreta corporeita?.

L’amazzone e il turco

Il sonnambulismo della produzione occulta chi rende possibile gli incantesimi dell’IA. E? attivo un sistema industriale pre- postfordista che gestisce questo proletariato inafferrabile e pre-postfordista: non e? un errore di stampa perche? l’apparato produttivo dei dati di addestramento-allenamento incorpora modi di produzione che sottintendono la servitu? della gleba tutt’uno con quelli che incarnano il Capitalismo Cognitivo o, da altro versante, il Capitalismo delle Piattaforme.

Per accalappiare le formichine umane e? necessario che abbiano una severa necessita? di procurarsi un reddito o di integrare quello insufficiente che hanno. In quanto formichine devono essere adattabili a lavorini con compitini realizzabili in momentini. “Quante finestre accese nei palazzi della via?” / ”oggi e? una... giornata” ecc. Micro tasks per micro works, che evolvono ovviamente in compiti piu? complessi, su cui l’algoritmo si applica estraendo regolarita? e anomalie da una smisurata quantita? di casi. Le formichine sono indispensabili per la Grande Opera dell’IA. Se le contendono a suon di pochissimi centesimi grandi imprese del comparto digitale che al solito esternalizzano dove gli conviene. Ci sguazza, insieme a molte altre, una nota “Amazzone” e il suo” Turco Meccanico” di servizio. Al quale “Turco” andrebbe eretto un monumento in ogni borgo per ricordarci quanto siamo clamorosamente creduloni, noi e le e?lite che ci governano.

Il sultano del commercio mondiale, Jeff Bezos, lo sa e spinge per allargare e differenziare la forza lavoro necessaria all’IA, gli human contractors. In questa fase storica una rete densa di siti, piattaforme, aziende e? all’opera per reclutare i lavoratori adatti ai diversi stadi di sviluppo dell’IA, un Caporalato tecnologico planetario di subappaltatori. Bisogna aggiornare, correggere, revisionare, indirizzare la machine. Per esempio, aggiustare l’IA quando ha, quasi fosse umana, le hallucinations ossia quando fornisce una risposta che si presenta come vera invece non lo e?. Non sono i robot a intervenire, sono umani che sembrano robot.

Microlavoratori di tutto il mondo...

Facile a dirsi. Si tratta proprio di tutto il mondo. Uno sta a Bangkok, l’altra a Caracas, una a Gallarate, l’altro a Lagos. Stanno nelle loro enclosures, nei loro recinti domestici e non, aspettando che arrivi la comanda/commissione dalla Piattaforma. E? questo Digital Labour che crea una quota notevole del valore dell’IA. I loro clic non sono neutri, come
i miei, risalgono la catena produttiva e trasformano il dato finale in merce pregiata di cui il mercato globale si premura di esaltare meriti e virtu?, dimenticando chi sta alle fondamenta. Pallidi tentativi di sindacalizzazione appaiono qua e la?, incentivati dall’esempio della forza lavoro consorella, quella dei Food Riders. La nostra collettiva e personale IA, Infatuazione Artificiale, sorvola sulla fragilita? del mito dell’Intelligenza Artificiale perche? non vede ne? riconosce le solide basi di lavoro umano su cui e? impiantata.

 

Nota: un’ampia letteratura accompagna e segue il fondamentale Schiavi del clic. Perche? lavoriamo tutti per il nuovo capitalismo? di Antonio Casilli, Feltrinelli, 2020. Di questo testo e? annunciata per l’autunno negli Stati Uniti l’uscita aggiornata. C’e? da augurarsi che in tempi brevi segua l’edizione italiana.

https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2024/04/03/clic-senza-frontiere-cosa-ce-alla-base-dellintelligenza-artificiale/