La divisione sessuale del lavoro plasma la soggettività di donne e uomini |
Aree tematiche - L'altra globalizzazione |
Lunedì 22 Gennaio 2018 18:23 |
di Adriana Perrotta Rabissi Sexual division of labour determines the sexuo-economical exchange between women and men, thus giving a form to their relationship which is at the root of our civilization. La divisione sessuale del lavoro è la struttura portante delle relazioni tra uomini e donne su cui si fonda il patriarcato. Essa infatti determina lo scambio sessuo-economico che ha dato forma alla nostra civiltà. Nei secoli si è instaurato un ordine simbolico che costringe le donne e gli uomini a adeguarsi a modelli di genere percepiti come naturali, mentre sono costruiti sulla base di attitudini, abilità, funzioni e compiti attribuiti alle immagini di maschile e femminile a cui dovrebbero conformarsi le donne e gli uomini in carne e ossa. Sono ammesse modernizzazioni, limitate commistioni e combinazioni anche ardite dei due modelli, purché non sia intaccato il principio regolatore per il quale l'area di pertinenza delle donne è la sfera del corpo, del sesso, della riproduzione in tutti i suoi aspetti biologici, affettivi, sociali, familiari, quella degli uomini l’area della vita pubblica, della politica della guerra. I rapporti tra donne e uomini sono modulati da qualche millennio dentro questa realtà che definisce regole di comportamento, induce aspettative, valori, paure, desideri, metafore e costruzioni simboliche, immaginari che tutti e tutte conoscono, perché vengono educati/e a questi dalla nascita .Per questa struttura di potere è stato indispensabile mantenere la distinzione tra donne addette alla cura di persone e ambienti e ai compiti familiari, cioè le donne per bene, e altre destinate alla soddisfazione erotico-sessuale degli uomini, le donne per male. Nella seconda metà del Novecento il patriarcato è stato smascherato dalla riflessione di donne in tutti i campi del sapere e del sociale: non si tratta di una struttura naturale e quindi immutabile ma di una costruzione storico sociale che ha gerarchizzato maschile e femminile.
La strada della denuncia pubblica riguarda quindi non solo la violenza manifesta degli uomini sulle donne, in tutti i suoi gradi e livelli, ma anche tutti i nodi del vivere nei quali sono attivi i termini dello scambio, sia nella vita collettiva di donne e uomini, sia in quelle individuali. Un lavoro di analisi enorme, anche perché investe aspetti insospettati e insospettabili di azione e accettazione/complicità più o meno consapevoli del contesto simbolico dato da parte di tutte e tutti, un’indagine in grado di destabilizzare soggettività e identità, individuali e collettive, strategie e tattiche difensive e aggressive secolari se non millenarie per la sopravvivenza sia di donne che di uomini. Tutti i temi affrontati negli ultimi tempi relativi a prostituzione (regolamentazione/abolizione), Gravidanza per Altri, stupri e molestie sessuali, fino al femminicidio, pur nella grande differenza di livelli di violenza e orrore, sono riconducibili allo scambio sessuo-economico originario. Questo vuol dire che non ci si può limitare all'analisi dei fenomeni isolandoli, cercando semplicemente di additare alla pubblica indignazione vittime e carnefici, astraendo dal contesto generale nel quale si è immerse e immersi, ma occorre allargare il discorso a tutti gli aspetti della questione in campo. L'apertura del conflitto è a tutto campo. Adoperarsi per alleviare sofferenze, aiutare le persone a superare difficoltà, badare a disabilità temporanee o permanenti, sopire conflitti, in una parola "far trovare buona la vita" (Sibilla Aleramo) dovrebbe essere lo scopo prioritario e reciproco di uomini e donne, l'ha cantato il poeta arrivato alla fine della propria breve vita. In un sol colpo si eliminerebbero i mali, almeno quelli che affliggono l'umanità per colpa dell'uomo- inteso qui come pseudo-universale- : dalla subordinazione delle donne, allo sfruttamento del lavoro, dal consumo massiccio delle risorse del pianeta alle violenza alle quali sono sottoposti gli animali.
Invece è assegnato alle donne, ancora oggi, come aspetto intrinseco della loro femminilità, mentre l'uomo può scegliere di condividerlo o disinteressarsene, la sua maschilità non verrà messa in crisi, anzi è data per scontata, e quindi accettata e legittimata, una dose di barbarie intrinseca alla propria natura di maschio che aspetta di essere frenata e ingentilita dalle donne che lo circondano. In compenso all'uomo, inteso come parte maschile dell'insieme umano, è assegnato come tratto identitario naturale l'occuparsi di quanto concerne le attività di carattere pubblico, economico, politico necessarie alla vita delle collettività. La divisione sessuale del lavoro ha prodotto la storia che conosciamo, ha plasmato nei millenni soggettività di uomini e donne. Oggi di fronte alle veloci trasformazioni sociali e all’emancipazione delle donne nel mondo occidentale, che ha comportato anche trasformazioni dei costumi, contestualmente ad un disastroso sviluppo produttivo distruttivo di ambiente e risorse, si sono moltiplicati appelli che sottolineano l'indispensabilità delle donne e delle loro capacità, competenze e attitudini a salvare il mondo, un’estensione delle abilità deputate appunto alla cura nella sfera domestica. Nell'economia, nel management delle aziende, nella politica, nel sociale la risorsa per ristabilire equilibri, raddrizzare situazioni pericolanti, ripristinare una perduta civiltà di rapporti tra persone e cose sta nel ricorso all'opera donne.
Il femminismo della seconda metà del Novecento ha svelato la trappola della compassione per le donne, vale a dire l'illusione che la loro potenzialità naturale sia in grado di civilizzare i barbari costumi maschili così nel pubblico come nel privato, illusione che ha alimentato il senso di onnipotenza affettiva e sessuale che è andato a compensare la reale irrilevanza sociale, e ultima cosa, ma non meno importante, ha messo impietosamente in luce la debolezza degli uomini, la loro inettitudine e incapacità di sostenere se stessi e la vita di chi dipende da loro, nel pubblico come nel privato. Eppure come si fa a rifiutarsi di spendere forze, energie e intelligenze per migliorare la vita degli altri e la propria, pur sapendo che in tal modo si sostiene e si conferma il dettato patriarcale del quale si giovano gli uomini, che in tal modo evitano di prendere coscienza della propria inadeguatezza a rendere buona vita per tutte e tutti? Sono figure simmetriche. Occorre destrutturare tutte le figure patriarcali, non sostituire l'una all'altra, occorre uscire dai dualismi se non si vuole rischiare di fermarsi all'emancipazionismo, che non rovescia l'ordine patriarcale, ma lo rende meno ingiusto e lo migliora modernizzandolo. |